Bluesky, ovvero dell'ascesa del Sionismo Digitale
Avevo scritto in un precedente articolo come l’ideologia fondante dei social media di massa (il maoismo digitale algoritmicamente applicato) avrebbe condotto come reazione l’ascesa di nuove forme di interazione molto più esclusive e selettive.
Questa reazione era già nell’aria da tempo, con la trasmigrazione verso canali criptati come Telegram e Discord, lo stesso Substack sta assolvendo la stessa funzione rilanciando il buon vecchio blogging.
Con l’ascesa di Bluesky stiamo assistendo all’accellerazione di tale fenomeno. Uno potrebbe chiedersi come mai questa piattaforma che non sembra altro che un Twitter vecchio stampo e non altre più moderne come Mastodon o Reddit. A mio avviso la risposta risiede nella struttura intrinseca della piattaforma, l’unica ad avvicinarsi in tutto e per tutto in quello che io chiamo “Sionismo digitale”.
Prima di addentrarci nei dettagli è necessario fare un passo indietro, e spiegare cosa si intende per “sionismo” nel senso storico e idealtipico del termine, e non nel senso fasullo elaborato dai verikompagni della sinistra terzomondista.
Il sionismo è un’ideologia politica formulata dall’intellettuale ebreo ungherese Theodor Herzl, il quale, come buona parte degli intellettuali ebrei del suo tempo era in origine un sostenitore dell’assimilazionismo, una corrente filosofica del giudaismo progressista secondo la quale il modo migliore per combattere l’antisemitismo era per gli ebrei europei quella di fondersi pienamente con gli usi e i costumi delle nazioni in cui essi risiedevano, rinunciando a esprimere pienamente la propria identità (e già questo fa pensare alla famosa retorica contro le echo chambers, ma andiamo avanti).
L’assimilazionismo, però, si ritrovò presto a sbattere contro il muro della realtà in seguito all’Affare Dreyfus, un caso che per la sua portata generò in Francia una profonda frattura sociale (oggi la chiameremmo “polarizzazione”), ma che scatenò anche una profonda riflessione in seno al mondo ebraico. Dreyfus infatti era l’archetipo perfetto dell’ebreo assimilato: un giovane ufficiale che aveva scalato le gerarchie dell’esercito con merito e disciplina, un patriota integerrimo, servitore della propria nazione fino all’ultimo. Eppure tutto questo non impedì alla mouvance antisemita di dipingerlo come il classico giudeo infido e traditore, esperto nell’arte della dissimulazione. Herzl rimase sconvolto dall’antisemitismo virulento scaturito dall’Affare, e si rese conto che l’assimilazionismo non era la risposta.
Cosa poteva quindi fare il popolo ebraico per salvarsi? Se rinunciare alla propria identità non impediva di venire perseguitati e villificati (ma anzi ne aumentava le probabilità) allora la risposta non si poteva che trovare volgendosi in senso contrario. Gli ebrei non dovevano smettere di essere ebrei, anzi, dovevano riappropriarsi della propria identità con orgoglio. Ma per farlo avevano innanzitutto bisogno di una patria, solo così avrebbero potuto affrontare il resto del mondo ad armi pari.
Questa era in sistesi l’essenza del sionismo, e al di là di quello che si può pensare dell’attuale governo israeliano la storia gli ha dato ragione. Certo uno potrebbe malignamente sostenere che nemmeno il sionismo ha garantito sicurezza agli ebrei, visto che Israele è un paese che dagli albori della sua storia ha dovuto affrontare diversi tentativi di invasione e innumerevoli aggressioni terroristiche, ma è nella natura di ogni soluzione risolvere vecchi problemi e (magari) crearne nuovi. Dopotutto anche l’invenzione della ruota ha portato vantaggi e svantaggi, ma dovremmo per caso abolire i mezzi di locomozione per prevenire incidenti? Solo un povero di spirito potrebbe pensarlo!
E poi siamo seri, davvero si può credere che se Israele domani sparisse dalle carte geografiche non ci sarebbe un rigurgito antisemita come quelli visti nel novecento? Il sionismo avrà i suoi limiti, ma l’antisionismo ne ha ben di più.
Chiudendo la parentesi sul sionismo storicamente detto, torniamo a focalizzarci su Bluesky. Cos’è che lo rende intrinsecamente sionista in contrapposizione ai grandi social intrinsecamente maoisti?
Prima di tutto, consideriamo le modalità di interazione. Mentre tutti i social network sono regolati per default questo Grande Fratello chiamato “algoritmo”, quello di Bluesky è estremamente limitato. Non è quindi il Caro Leader, il Piccolo Padre, la Sua Emittenza algoritmica che ti “consiglia” chi e cosa seguire, ma è l’utente stesso che sceglie liberamente a quali feed abbonarsi, che possono anche esseregli suggeriti sì, ma non gli vengono sbattuti in faccia post e video di gente sconosciuta come avviene su X e Instagram.
Il secondo aspetto riguarda la filosofia di fondo, ben descritta da Tom Scocca il cui passaggio quivi cito:
(…) Bluesky isn't Twitter, after all. Instead of free speech—in all its incoherent and contradictory forms—the engine of Bluesky is freedom of association. Users share lists of accounts to follow, and lists of accounts to block. And where Musk's version of blocking doesn't even keep the person you've blocked from seeing your posts anymore, Bluesky's block function is complete and comprehensive, wiping out the entire record of an interaction. The person who provokes a block doesn't get a trophy or a signpost to send allies into the fray; the fray itself is gone.
Si ha spesso la tendenza a considerare la libertà come un unico monolite, il cui nemico giurato è un vincolo coercitivo altrettanto monolitico. La realtà che molti ignorano è che la libertà non è mai stata una, ma tante, le quali entrano spesso e volentieri in contrasto tra loro. Da qui nasce il vincolo, che è una conseguenza della libertà e non una sua mera negazione; esempio semplice: La libertà di movimento è un princio riconosciuto in tutte le nazioni democratiche, ma esso trova un ostacolo insormontabile nell’esercizio di un’altra libertà, che è il godimento della proprietà privata. Chiunque infatti ha il diritto di circolare liberamente in una piazza o in una strada (salvo casi espressi dalla legge), ma non ha alcun diritto ad attraversare la proprietà di un terzo senza il suo permesso, manco se si chiama Elon Musk o Mark Zuckerbeg. Così come uno straniero non ha diritto a risiedere in un paese terzo, a meno che lo stato abbia accolto la sua richiesta di residenza. Molti non ricordano, ma ci fu un tempo in cui si poteva spostarsi liberamente da un continente all’altro senza bisogno di passaporti o visti, non ci volle molto perchè questa usanza venisse superata (e un motivo ci sarà).
La possibilità di creare block list (che i soloni del collettivismo libertario condanneranno come blasfemia, ma chissenefrega) ricalca non solo il principio della libertà di associazione, ma anche il principio della difesa dell’identità e della propria particolarità, che i profeti del Grand Replacement digitale tentano costantemente di strangolare con la loro mielosa retorica anti-echo chamber.
Cos’è uno stato se non un echo chamber? Cos’è una proprietà, cos’è una famiglia se non tante echo chamber? Le chiese stesse, dalla piccola parrocchia e le gloriose cattedrali, cosa sono se non altro che divine echo chamber?
A questo punto direi che la disamina è terminata è possiamo passare alle concettualizzazioni. Cos’è pertanto, concettualmente, il Sionismo digitale?
Il Sionismo digitale è la dottrina secondo cui ogni individuo con QI superiore a 95 ha il diritto a essere libeo di vivere e prosperare senza fastidiosi parassiti che li tormentino con le loro menate liberal-collettivistiche.
E’ l’idea immortale che la comunità EHC abbia il diritto a costituire il proprio focolaio nazionale, lontano da troll, bot di ogni razza ed etnia, e tutti gli psicopatici di ogni dove.
E’ in sostanza la risposta ferma e definitiva contro il maoismo digitale mainstream che ha trasformato il web mondiale nella cloaca da terzo mondo attuale.